
Ci ha fatto sognare come nessuno a Sochi, e solo per questo merita le medaglia d’oro di migliore italiana ai Giochi. Più dell’insperato Innerhofer, più dell’eterno Zöggeler, più del meraviglioso biathlon e anche più della tanto attesa Kostner, è Arianna Fontana la nostra atleta per eccellenza in terra russa, e anche per questo sarà la portabandiera dell’Italia durante la cerimonia di chiusura della manifestazione a cinque cerchi, sventolando il tricolore che Napolitano aveva consegnato ad Armin per l’apertura.
Eppure, nonostante le tre medaglie conquistate (2 bronzi e 1 argento), la Fontana ci teneva a fare bella figura, che tradotto per un campionessa come lei voleva dire medaglia, anche nei 1000 metri femminili, specialità che non la vedeva tra le favorite. Ma questa volta la fortuna non era dalla parte di Arianna, e come nelle altre gare che l’hanno vista uscire vincitrice anche questa volta si è messa di mezzo una caduta. Durante infatti la durissima batteria di partenza la velocista valtellinese è caduta a due giri dal termine della gara, dopo un impatto con la cinese Kexin Fan, ed è stata giudicata dai giudici colpevole dell’incidente e per questo squalificata. Grande il rammarico da parte dell’azzurra che però, dopo aver detto di ritenere la cinese colpevole della caduta, ha confessato anch’essa di essere andata ben al di là delle più rosee aspettative, non immaginandosi di riuscire a fare “un’Olimpiade del genere”. L’altra atleta lombarda in gara, Martina Valcepina, non ha partecipato ai quarti di finale ottenuti a causa di un infortunio. La medaglia d’oro nei 1000 metri femminili short track è poi stata vinta dalla coreana Park Seung-He che ha chiuso davanti alla cinese Kexin Fan e alla connazionale Shim Suk-Hee, le ultime due entrambe presenti nella combattutissima batteria della Fontana.
Si chiudono così le Olimpiadi dello short-track e il bilancio italiano non può che essere positivo; non solo per le medaglie della Fontana, ma anche per il bronzo raggiunto dalle altre tre ragazze valtellinesi (Peretti, Valcepina e Viviani) già pronte e smaniose di partecipare ai prossimi giochi di Pyeonhchang 2018. Dopotutto con Arianna come maestra, e compagna di squadra, nulla sembra impossibile.

Lunedì scorso il Milan Primavera, allenato da Filippo Inzaghi, ha trionfato nella 66° Edizione della Coppa Carnevale di Viareggio, diventando il settore giovanile più vincente nella competizione toscana con ben 9 vittorie. La squadra dell’ex superbomber milanista si è imposta nella finalissima contro i belgi dell’Anderlecht che nella scorsa edizione avevano sconfitto i rossoneri, dell’allora tecnico Aldo Dolcetti, con un secco 3-0 proprio in occasione dell’atto conclusivo della manifestazione.
Andando a guardare i giocatori più utilizzati da Superpippo, si può notare come intorno alle “stelline” più note, come Andrea Petagna, decisivo con un favoloso gol in finale, e Bryan Cristante, assente al Viareggio ma già in grado di affermarsi in prima squadra, il nucleo principale della Primavera rossonera sia composta da giovani giocatori lombardi.
La porta del Diavolo è difesa da Stefano Gori, giovane classe 1996 prelevato in gennaio dal Brescia (con cui è in comproprietà); già etichettato come “nuovo Buffon”, in Toscana più volte è stato decisivo per le sorti della squadra di Inzaghi. Anche il vice di Gori, Lorenzo Ferrari, è lombardo, essendo nato il 9 marzo 1996 a Cremona. In difesa due dei pilastri del reparto arretrato rossonero sono Davide Calabria, terzino di grande spinta e profondità, nato a Brescia nel 1996 e autore di un’ottima Coppa Carnevale (4 presenze e 1 assist), e Davide Pacifico, capitano classe ‘94 di Varese, e vero leader veterano della squadra della quale fa parte dal 2011, insieme ad Alex Pedone, centrocampista milanese classe ’94. Pronto a dar fiato ai quattro titolarissimi, ai due lombardi si aggiungono Tamas e Simic, c’è Luca Iotti, difensore centrale classe 1995 di Cernusco sul Naviglio, fisico possente e schierato in un match durante il Viareggio. Alessandro Mastalli è invece uno di quei giocatori che più ha impressionato per completezza durante il torneo: corsa, grinta, capacità di inserimento e fiuto del gol (sua la rete del definitivo 3 a 1 contro i belgi in finale) fanno del classe ‘96 di Milano uno dei prospetti più interessanti, in grado di sostituire degnamente uno dei centrocampisti più interessanti di tutto il campionato Primavera italiano: quel Mario Piccinocchi (Milano, classe ‘95) che a causa di un infortunio al ginocchio non ha potuto “vendicare” lo schiaffo della passata stagione subito dall’Anderlecht. Nel reparto offensivo, accanto al bomber Petagna e a Vido, ha ben impressionato Marco Pinato, ala sinistra tuttofare nato a Monza, autore di un gol e un assist durante le tre partite disputate nella Coppa Carnevale; attacco che può contare anche sul contributo dalla panchina di Davide Di Molfetta, (Sesto San Giovanni, ’96) ottimo nel 4-3-3 che spesso usa Inzaghi, e Iacopo Cernigoi (Mantova, ‘95) vero killer dell’area di rigore.
Moltissimi sono dunque i giocatori lombardi che hanno trionfato al Viareggio e che ora vogliono conquistare la Youth League e quel Campionato Primavera che manca nella bacheca del Milan dal 1964-65 (quando ancora si premiavano due squadre, e i rossoneri vinsero assieme alla SPAL). Mai come quest’anno i rossoneri hanno in squadra dei giocatori pronti per vincere tutto perché “plasmati” dall’esperienza del loro tecnico, che se riuscirà a vincere tutto dovrà ringraziare parecchio il territorio lombardo.

Si è svolto nella tarda mattinata italiana lo Slalom Gigante a Sochi che ha visto il meritatissimo trionfo dell’americano Ted Ligety, primo non europeo a vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi Invernali nella specialità, devastante nella prima manche dove ha distanziato il secondo, il ceco Bank, di quasi un secondo. A completare il podio i francesi Missilier e Pinturault, autori entrambi di un’ottima seconda parte di gara. Avaro di soddisfazioni per gli italiani, nonostante il terzo tempo ottenuto da Simoncelli durante la prima manche; lo Slalom Gigante è stato occasione per il lombardo Roberto Nani di entrare in confidenza con la specialità olimpica, essendo alla sua prima partecipazione ai Giochi. Il classe 1988, natio di Sondalo, ha disputato una brillantissima prima parte di gara, classificandosi 12°, con il tempo di 1’22’92, ma pochissimo distanziato dai migliori della specialità. L’emozione e la spavalderia di essere con i più grandi alla prima esperienza a cinque cerchi lo hanno tradito nella seconda parte della gara, dove Roberto ha sbagliato non riuscendo a concludere la gara, come prima di lui aveva fatto il ben più esperto Manfred Moelgg. I fondamentali fisici e il tempo sono tutti dalla parte di Nani, se saprà trarre giovamento dagli errori commessi oggi a Rosa Khutor siamo certi che nei prossimi anni potrà essere fonte di molti successi azzurri, insieme a Luca De Alessandrini.

Non svegliatela dal sogno perché le manca ancora una gara, ma Arianna Fontana è entrata dalla porta principale nella leggenda dello sport italiano vincendo la sua terza medaglia olimpica nello short-track. La staffetta azzurra ha infatti conquistato la terza posizione nella finale di Sochi nel modo più rocambolesco e per questo più bello possibile. Un trionfo che vale tantissimo perché permette alla squadra italiana di superare le 5 medaglie vinte nei precedenti Giochi di Vancouver e, soprattutto, di arrivare a 100 medaglie olimpiche nella storia della compagine azzurra. Eppure al traguardo le quattro valtellinesi avevano ottenuto l’ennesima delusione del soggiorno russo, giungendo quarte (la cosiddetta medaglia di legno) alle spalle delle coreane, delle cinesi e delle canadesi. Ma la Cina veniva squalificata per una scorrettezza commessa nei confronti delle coreane e così Marina Valcepina, Elena Viviani, Lucia Peretti e Arianna Fontana potevano celebrare l’ennesimo trionfo nel pattinaggio di velocità. Curioso notare come l’unico errore fatto dalle quattro lombarde durante la prova sia stato causato dalla plurimedagliata Fontana, caduta al momento del cambio con la Peretti; ciò evidenzia la grande crescita delle altre tre atlete azzurre, capaci comunque di sopperire alla piccola imperfezione della loro leader. Bellissime le parole pronunciate alla fine della gara dall’eroina azzurra di questi Giochi: «È fantastico condividere questo successo con le altre ragazze. Siamo un gruppo unito, siamo cresciute insieme e ora possiamo godercela». Gruppo giovanissimo (22 anni di età media) che guarda con grandi speranze al futuro, un po’ come successe ad Arianna dopo Torino 2006, anche grazie al duro lavoro d’allenamento imposto dai due tecnici Kenan Gouadec e Eric Bedard, eccezionali nel lavoro sul ghiaccio ma anche in grado di creare un nucleo di atlete davvero compatto. Perché se è vero che nello short-track può succedere di tutto, è anche vero che la preparazione e il lavoro mentale sono di fondamentale importanza.
Chi di medaglia di legno ferisce di medaglia di legno perisce. Sì, perché se le azzurre della staffetta hanno ottenuto il massimo dal loro quarto posto, grazie ad errori altrui, non si può dire lo stesso per Nadia Fanchini. Sfortunatissima la 27enne di Lovere che si è ritrovata ai piedi del podio del Gigante femminile dopo due manches praticamente condotte benissimo. La prima ha visto la Fanchini classificarsi terza (con il tempo di 1’18’’53) alle spalle della svedese Lindell Vikarby e della campionissima slovena Tina Maze. La seconda parte della gara è stata fatale per Nadia che, pur non sbagliando praticamente nulla, non ha mai forzato risultando al traguardo staccata di soli 38 centesimi dal bronzo, conquistato dalla tedesca Viktoria Rebensburg (oro olimpico a Vancouver). L’oro se lo è aggiudicato la Maze, al termine di una dura lotta contro l’austriaca Anna Fenninger, grande protagonista di questi Giochi. Tra le altre lombarde in gara, grande spavento per Federica Brignone, che, caduta nella prima manche, si è procurata un trauma contusivo-distorsivo al ginocchio destro senza causare ulteriori lesioni. Le lacrime di amarezza della Fanchini, che si sommano al rammarico per il quarto posto ottenuto dalla Merighetti nella discesa libera, documentano sicuramente la grande sfortuna delle sciatrici italiane in Russia, ma anche la capacità da parte delle atlete lombarde di essere sempre pronte e presenti quando si tratta di competere per qualcosa di importante.

Si è svolto nella Sala Testori del Palazzo Lombardia il Champions Night Awards, manifestazione che aveva lo scopo di celebrare tutti gli atleti lombardi in grado di affermarsi in campo sportivo a livello nazionale ed internazionale durante tutto il 2013. Come ci si aspettava è stata una vera e propria festa dello sport lombardo che ha visto ragazzi e ragazze di tutte le età premiati per i loro ottimi risultati conseguiti durante la scorsa stagione. Impressionante è stato infatti il colpo d’occhio che la sala milanese ha regalato al pubblico presente: esauriti i 357 posti nella sala, gente seduta sugli scalini e tantissime altre persone collegate all’esterno dell’auditorium con uno schermo. Famiglie, amici e dirigenti venuti a festeggiare dei ragazzi che con sacrificio e allenamento hanno raggiunto traguardi importantissimi per la loro crescita umana e sportiva. Molto rilevante e significativo per lo sviluppo del movimento, come sottolineato dal presidente del Comitato Paralimpico della Lombardia Pierangelo Santelli, lo spazio che hanno ottenuto gli atleti disabili che sono riusciti a primeggiare nelle loro discipline.
La cerimonia ha visto le più alte cariche del Comitato Regionale del Coni, con in testa il presidente Pierluigi Marzorati, assieme ai vertici regionali sottolineare attraverso questi riconoscimenti tutta l’importanza che può avere lo sport lombardo in un momento particolarmente duro come quello che sta attraversando tutto il nostro paese. Dopo che il presentatore Mino Taveri ha sottolineato come il Champions Night Awards fosse anche “la sua festa”, Marzorati ha tenuto subito ad evidenziare nel discorso introduttivo come il CONI sia una vera famiglia che “con l’appoggio serio della Regione” sta conseguendo risultati importanti, che gli permettono di vantare delle eccellenze come la plurimedagliata Arianna Fontana, ricordata dal presidente all’inizio della festa. La cerimonia è poi proseguita con il discorso di Antonio Rossi, ex-campione olimpico e ora assessore allo Sport e alle politiche per i giovani in Lombardia, che ha ricordato come “lo sport deve essere un fondamento della vita”, e di come questi ragazzi con il loro impegno e con le loro prestazioni hanno avuto “la fortuna di regalare emozioni alla gente”. Ad affiancare il famoso giornalista sportivo nella presentazione della cerimonia c’era Sara Ventura, anch’essa da parecchi anni nel mondo dell’informazione sportiva con programmi televisivi e radiofonici, che ha presenatoa l’Associazione Segno, un’importante realtà sociale, appoggiata dalla sorella Simona, che si impegna nell’educazione e nella cura dei bambini minori.
L’evento è poi proseguito con la premiazione dei più di 350 atleti: tra stelle d’oro al merito sportivo, medaglie d’oro per successi a livello mondiale e olimpico e squadre di football americano particolarmente entusiaste per il premio, i Rhinos e i Seamen Milano, a Palazzo Lombardia si è visto all’opera tutto ciò che c’è di bello e positivo nella pratica sportiva.