Si gioca stasera, alle 20.45 al Forum di Assago, Emporio Armani Milano-Panathinaikos Atene, gara valida per l’ottava giornata delle Top 16 di Eurolega, la prima del girone di ritorno. In un palazzetto tutto esaurito, più di 10.000 spettatori previsti, i ragazzi di coach Banchi cercheranno di battere una delle compagini europee con più blasone e meglio organizzate di tutta la competizione, cercando di ribaltare il pesante passivo del match d’andata. Ad Atene infatti i greci si imposero con il punteggio di 73-57, in quella che fu la gara d’esordio di Daniel Hackett, sempre più leader dei milanesi. Come sottolineato anche da Banchi nella conferenza stampa pre-gara, da quel momento in poi l’Olimpia ha subito una svolta decisiva, conquistando la vetta della classifica italiana in solitaria e dimostrando di poter stare tranquillamente anche nell’Europa “che conta” (come dimostra il +30 casalingo contro i campioni in carica dell’Olympiakos Pireo). Una vittoria contro i greci, oltre ad aumentare ulteriormente la fiducia nei propri mezzi, permetterebbe a Gentile e compagni di consolidarsi tra le prime quattro del girone E, alle spalle dell’inavvicinabile Barcellona. Dall’altra parte il Pana, che ha la stessa situazione di classifica dei meneghini, si affiderà all’esperienza di Diamantidis e alla saggezza tattica di due ex come Maciulis e Fotsis. Langford, Moss, Lawal e soci sono pronti a dimostrare ai greci quanto questo gruppo abbia le carte in regola per lottare con qualunque avversario e per puntare a vincere la competizione. Se è vero infatti che la Lombardia vanta ben 10 vittorie in Eurolega (5 Varese, 3 Milano e 2 Cantù), un trofeo internazionale nel basket lombardo non si vede dalla Coppa Korac vinta da Cantù nel 1991, e in più l’ultimo trionfo nella massima competizione europea per un italiana è quello della Kinder di Messina e Ginobili nel 2001. A Milano spetta il compito di provare a riportare l’Italia e la Lombardia sul trono europeo, a partire da stasera contro il Panathinaikos.
Se la Cimberio Varese rimpiange gli “invincibili” dello scorso anno, cacciando via l’allenatore milanese Fabrizio Frates per smuovere un gruppo eccessivamente impaurito, e la Vanoli Cremona, guidata in panchina dal coriaceo Pancotto e in campo dalla classe cristallina di Rich e Woodside, lotta per la permanenza nella massima serie, quest’anno più che mai le altre due squadre lombarde sono pronte a darsi battaglia per lo scudetto.
A un Emporio Armani Milano che mai come nella stagione in corso, soprattutto nell’ultimo periodo, sembra aver finalmente trovato una quadratura di squadra, riuscendo a gestire in maniera egregia il doppio impegno settimanale, sta rispondendo sui parquet nostrani l’Acqua Vitasnella Cantù che, nonostante la cocente delusione dell’Eurocup, sta tenendo testa in campionato ad un roster come quello meneghino che sulla carta non avrebbe rivali sul suolo italico.
Grande merito del lavoro svolto in casa brianzola va al tecnico biancoblù Stefano Pino Sacripanti che, dopo aver già guidato in modo eccellente la Cantù degli americani dal 2000 al 2007, si è rimesso in gioco a casa sua, ereditando la squadra da un altro grande allenatore lombardo come Andrea Trinchieri, volato a Kazan. Con Trinchieri Pino condivideva il fatto di essere stato l’ultimo coach canturino a portare un trofeo a Cucciago (la Supercoppa Italiana conquistata contro la Benetton Treviso di Edney, Evans, Pittis e Garbajosa nel 2003) per cui il senso di responsabilità, e la piccola sfida con l’ex collega erano enormi. Sacripanti si è dimostrato fin da subito cosciente dell’ottima squadra che gli era stata preparata dalla società e, forte della sua esperienza in Brianza, ha immediatamente ottenuto degli ottimi risultati. Rispetto al gruppo che aveva allenato in precedenza la Cantù odierna ha una spina dorsale italiana, potendo contare sull’apporto decisivo di uomini del calibro di Cusin, Rullo, Marconato e Stefano Gentile. La leadership in campo è ricoperta da quello che a oggi è probabilmente il miglior giocatore italiano del nostro campionato: Pietro Aradori. Cresciuto con l’etichetta del fenomeno, l’atleta bresciano classe 1988, sta dimostrando che una piazza che respira basket 24 ore su 24 come Cantù è l’ideale per lui. I suoi numeri sia in fase realizzativa che di assistenza ai compagni sono aumentati, e soprattutto è cambiata la sua duttilità in campo, segno di una maturità mentale che non si era concretizzata né a Siena né a Milano. Pietro sa di essere il giocatore franchigia, per usare un termine americano, di Cantù e che questo vuol dire sapere entrare nelle partite prima con la testa che con il fisico. Insieme al capitano canturino d’adozione Maarten Leunen, Aradori è uno dei veterani di questa Cantù, anche se gioca al Pianella da solo due stagioni, e lo dimostra prima di tutto in allenamento. La supervisione di Sacripanti ha permesso ad Aradori di migliorare nel gioco di squadra, ottenendo il massimo da tutti i compagni, tra i quali spicca Abass Awudu Abass. Il giovanissimo giocatore, nato a Como ma di genitori originari dell’Africa, dopo aver vinto in estate l’Europeo under 20 sotto la guida di Sacripanti e dopo essere stato votato tra i migliori 5 giovani del continente, sta trovando molti minuti a Cantù, dove ha come primo scopo quello di affinare le sue doti di tiratore dall’arco e di atleta impressionante (soprattutto nella capacità di attaccare il canestro). Compito di Aradori e di Sacripanti sarà quello di farlo crescere pian piano, fondamentale dopo fondamentale. L’obiettivo dichiarato è quello di dar fastidio a Milano in quella che altrimenti sarebbe una marcia diretta verso il tricolore meneghino fin troppo annunciato.
Contattiamo il professor Patrizio Pintus all’indomani della vittoria del premio Alberto Madella avvenuta a Roma, ed è ancora forte in lui la gioia per il premio da poco conseguito: «È stata una giornata incredibile quella vissuta ieri a Roma, fantastica».
Inizialmente gli chiediamo di descrivere il suo vittorioso progetto “Group Coach Leadership Questionnaire (GCLQ): la leadership in un’ottica costruttivista” e i motivi che lo hanno portato a una tale indagine. Il professore ci racconta che «il progetto è stato fatto con la collega e psicologa Elisa Morosi e riguarda la creazione di uno strumento che sia in grado di valutare la leadership nelle squadre. Lo studio è stato fatto “sul campo” testandolo su squadre di altissimo livello agonistico: una squadra di serie A di pallacanestro, una di serie B di calcio, una di serie A di pallanuoto e una di serie A di pallacanestro in carrozzina. Il vantaggio di avere inventato un tale strumento è stato quello di poter essere di conseguenza molto cerativi, sia nella sezione di analisi dei dati che per quello che concerne la rivelazione di essi e la rappresentazione dei risultati».
Proseguendo nella risposta il professor Pintus ci racconta che «l’idea è nata dall’approccio costruttivista e dalla constatazione che la leadership fosse difficile da misurare e da definire, essendo uno dei concetti più complessi da analizzare nel mondo dello sport per via dei molteplici approcci teorici. Il nostro scopo era quello di trovare un modo che non facesse né una categorizzazione né una diagnosi di come funzioni una squadra, ma che offrisse un quadro di ciò che pensano le persone che la compongono (atleti e allenatori) e che mostrasse le differenze di pensiero tra i vari componenti». Un “guizzo” come lo ha definito Patrizio che ha portato ad «immaginare ogni squadra come un’ecosistema a sé, concentrandosi sul loro muoversi in armonia all’interno del team». Da questa indagine Pintus e la Morosi hanno poi elaborato una corposa parte teorica che verrà in seguito pubblicata per la Scuola dello Sport del CONI.
Terminato l’approfondimento sul progetto di leadership, chiediamo al professor Pintus se dedica a qualcuno in particolare il premio Madella. Egli ci risponde così: «Devo ringraziare i contesti dello sport che mi hanno permesso di crescere: il CONI Lombardia, dove sono docente da anni, e il Panathlon International, che rappresento in quanto presidente del Panathlon di Como. Da questi due ambienti ho imparato moltissimo sullo sport; per me arrivare a Roma e vincere un tale premio come rappresentane del CONI Lombardia è stato un grandissimo onore».
Considerando l’importanza data al CONI chiediamo al premiato l’importanza che secondo lui può avere oggi una struttura come la Scuola dello Sport. Ci risponde che a suo modo di vedere ha un’importanza altissima in quanto «si preoccupa, seguendone l’orientamento, di formare i tecnici e gli operatori dello sport laddove c’è bisogno. Anche se gran parte di essi non svolgono attività agonistica ad altissimo livello, essi hanno un ruolo fondamentale in quanto fanno una vera e propria “cultura” dello sport».
Prima di salutare il professor Pintus gli domandiamo che ruolo ha secondo lui oggi lo psicologo dello sport e come si inserisce nella quotidiana attività sportiva. Patrizio, pur riconoscendo la complessità della questione, ci illustra i fattori in gioco dicendoci che «si possono fare tante interessanti esperienze. Come quella che sto facendo io con il progetto Adidas City Runners con un gruppo che farà la staffetta per la maratona di Milano, dove svolgo il ruolo di mental coach. A livello generale lo psicologo nello sport segue direttamente gli atleti o supporta le squadre. È certamente un mondo complesso quello sportivo perché per lo psicologo è difficile integrarsi. Infatti, mentre il lavoro con gli atleti è più definito, dal punto di vista societario e dello staff tecnico è più complicato accettare una figura del genere». Eppure già il progetto di Group Coach Leadership Questionnaire può essere un punto di partenza perché «è stato accettato dalle società perché innovativo, e i tecnici sono molto curiosi in merito a proposte di “frontiera”».
Salutiamo il professor Pintus ringraziandolo per la disponibilità e la chiarezza, ed anche inorgogliti per il riconoscimento ottenuto che premia lui, il suo lavoro e in un certo senso anche tutto il CONI Lombardia.
Inevitabilmente vogliono vincere ancora e non fermarsi più, un po’ come il loro mister che faceva del “cannibalismo” e della rapacità la sua arma migliore. Ora però conquistata l’Italia il Milan Primavera di Filippo Inzaghi vuole stupire anche in Europa negli ottavi della Youth League, la Champions League delle squadre Primavera dei club “maggiori” iscritti alla manifestazione. Di fronte i ragazzi di Superipippo troveranno gli inglesi del Chelsea, ancora imbattuti nella coppa, dopo aver concluso il girone con 18 gol fatti e uno subito: una vera e propria corazzata, al pari dei più conosciuti Blues di Mourinho. Pacifico e compagni però non vogliono lasciarsi intimorire dai numeri degli avversari e, dopo aver vendicato il tabù Anderlecht durante il Viareggio, hanno voglia di dimostrare di poterci stare anche in Europa, già ampiamente visto durante la fase a gironi con il pareggio ottenuto a Barcellona contro i canterani blaugrana. L’appuntamento è alle 16 a Londra e per Piccinocchi, di rientro dopo l’infortunio, e soci sarà una vera e propria battaglia. Inzaghi vorrebbe vedere anche i suoi ragazzi trasformarsi in Europa, un po’ come faceva lui quando sentiva la musichetta della Champions.
È arrivata in mattinata la notizia che la Cimberio Varese ha esonerato dall’incarico di allenatore Fabrizio Frates. Il tecnico milanese, classe 1959, paga le brutte prestazioni dell’ultimo periodo, compresa l’ultima sconfitta casalinga contro la lanciatissima Sassari. Nel corso della sfida di domenica i tifosi hanno contestato pesantemente Frates, inneggiando ripetutamente al mister sassarese Meo Sacchetti, grande ex biancorosso. Nonostante le parole pronunciate dal presidente Cecco Vesvoci domenica a Masnago sembravano certificare la conferma di Frates, la dirigenza varesina ha ritenuto necessario dare una scossa immediata ad un ambiente ancora incapace di riprendersi dal cambiamento di risultati confrontati con i fasti della passata stagione. L’ex allenatore di Siena, Cantù e Reggio Emilia paga la rivoluzione estiva del roster e l’incapacità di gestire la grande pressione che inevitabilmente si era venuta a creare in una piazza che vive di basket come Varese. Gli uomini che Frates ha avuto a disposizione non sono certamente gente da 12° posto nella Legabasket italiana. La squadra è ora affidata al vice di Frates, Bizzozi, in attesa di ulteriori decisioni societarie.