Si è svolta lunedì 23 giugno 2014 presso la Sala A del Palazzo CONI di via Piranesi la presentazione della ricerca vincitrice del Premio Alberto Madella 2013 dal titolo: “Group Coach Leadership Questionnaire (GCLQ): la leadership in un’ottica costruttivista”. L’evento è stato organizzato dalla Scuola Regionale dello Sport al fine di promuovere l’ottimo lavoro svolto dal prof. Patrizio Pintus, docente della SRdS, e della dott.ssa Elisa Morosi, psicologa dello sport. Dopo i saluti istituzionali del Presidente del Comitato Regionale Coni Lombardia Pier Luigi Marzorati e del Direttore della Scuola Regionale dello Sport Marco Riva, la presentazione è stata introdotta dall’intervento di Claudio Mantovani, referente scientifico dell’area tecnica della Scuola dello Sport CONI Servizi e membro del Comitato Scientifico del premio A. Madella, il quale ha voluto sottolineare come «non ci possa essere scuola senza ricerca» e di come nell’attività sportiva le componenti psicologiche giochino un ruolo chiave. Dopo essere stati presentati dalla dott.ssa Adriana Lombardi, psicologa, docente della SRdS e per l’occasione moderatrice della serata, i due psicologi dello sport hanno illustrato il loro lavoro, che si basa sul confronto tra il punto di vista degli atleti e quello degli allenatori circa l’importanza e l’effettiva presenza della leadership nelle squadre, distinta tra leadership tecnica e leadership emozionale. Lo strumento utilizzato nella ricerca è il GCLQ, ideato nel 2011 dai due psicologi, validato negli anni tramite analisi scientifiche, anche grazie all’aiuto di diverse squadre sportive di altissimo livello coinvolte nella ricerca, tra cui una squadra di pallacanestro Serie A, una di calcio Serie B, una di pallanuoto Serie A, una di pallacanestro in Carrozzina Serie A1 e la Nazionale pallacanestro in Carrozzina, per un campione di 74 atleti e 10 allenatori. Carlo Recalcati, ex allenatore della Nazionale Italiana di Pallacanestro e attuale coach della Reyer Venezia, Dionigi Cappelletti, Direttore Tecnico delle Nazionali Maschili di Pallacanestro in Carrozzina, e Marco Flutti, Direttore Sportivo della Como Nuoto, hanno fornito una loro testimonianza circa i risultati della ricerca, oltre a utili suggerimenti per eventuali futuri sviluppi della suddetta ricerca, che li ha visti partecipare assieme alle loro squadre. Nelle loro parole si legge accordo soprattutto sul fatto che «le motivazioni e la psicologia fanno la differenza», oltre al fatto che la psicologia oggi sta acquisendo un ruolo di sempre maggiore spicco anche nel mondo dello sport, manifestando così la loro apertura a questa nuova figura. Infine sono stati interpellati sul tema anche alcuni atleti come Daniele Gilardoni, undici volte campione del mondo di canottaggio, Daniela Masseroni, medaglia d’argento in ginnastica ritmica ad Atene 2004, Anzhelika Savrayuk, medaglia di bronzo in ginnastica ritmica a Londra 2012, e Matteo Riva, pallavolista professionista della Cassa Rurale Cantù, che hanno portato la loro esperienza a supporto della tesi descritta nel lavoro dei due psicologi. I tanti presenti che hanno riempito la Sala A del Palazzo CONI Lombardia hanno così potuto assistere ad un dibattito su un tema parecchio interessante a livello sportivo.
In occasione del XX Congresso dell’Associazione Italiana Psicologia dello Sport (AIPS), tenutosi dal 23 al 25 maggio 2014 a Rovereto (TN), è stato presentato uno studio pilota sulla prevenzione del fenomeno dell’abbandono (drop out) dello sport nelle adolescenti. Lo studio è il frutto della collaborazione tra lo SPAEE (Servizio di Psicologia dell’Apprendimento e dell’Educazione) dell’Università Cattolica di Milano e della Scuola dello Sport del Coni- Regione Lombardia.
In Italia la percentuale di abbandono sportivo è particolarmente alta e comunque superiore agli indici di molti altri paesi europei (Istat, 2011). Alla luce dello stato dell’arte, lo studio si propone di identificare e comprendere le dinamiche e i fattori che entrano in gioco quando un giovane atleta decide di abbandonare la pratica sportiva, anche in considerazione dell’incidenza della tipologia di attività praticata (sport di squadra vs. individuale).
Hanno partecipato a questa prima fase dello studio 157 ragazze lombarde di età compresa tra i 14 ed i 18 anni, cui sono stati somministrati una serie di questionari, tra i quali la Sport Motivational Scale (Pelletier et al, 2013; Traduz. it. Cantoia, Crippa, Simoncelli e Vagli, 2014) e lo Sport Competition Anxiety Test (Martens, 1977).
Dai risultati emerge una netta differenza tra atlete che praticano sport individuali e di squadra: negli sport individuali le ragazze sono meno motivate o motivate in modo meno costruttivo, subiscono maggiormente la pressione dell’ansia e tendono a deresponsabilizzarsi rispetto agli esiti dell’attività. Inoltre, in situazione di competizione, queste atlete risentono negativamente del supporto esterno della famiglia e degli amici. Per converso, sembrerebbe emergere un effetto motivante della squadra: la condivisione dei vissuti esercita un’influenza positiva sulla percezione di sé e porta ad una maggiore assunzione di responsabilità.
Queste prime analisi sembrerebbero quindi indicare un maggiore rischio di drop out negli sport individuali e la necessità di interventi di empowerment personale per queste atlete.
Nell’attesa della pubblicazione dello studio, queste prime indicazioni possono aiutare gli addetti ai lavori nell’individuare quegli tipologie di attività e quelle atlete più a rischio, in modo tale da poter intervenire sostenendo quelle aree critiche che i primi dati portano alla luce.
Maria Chiara Crippa, Caterina Simoncelli, Matteo Vagli

Albert Ramos-Vinolas è il vincitore della nona edizione del Trofeo CDI (Centro Diagnostico Italiano) - Aspria Tennis Cup. Il Challenger Atp dell'Harbour Club di Milano ha incoronato per la seconda volta il mancino spagnolo, dopo la vittoria nel 2011. Nella finale tutta catalana, entrambi i giocatori sono infatti di Barcellona, a farla da padrone è stato proprio Ramos, capace nel primo set di andare avanti di un break nel quinto gioco per poi chiudere il parziale senza difficoltà 6 giochi a 3. Nel secondo Ramos ha subìto la reazione di Riba, che nonostante un fastidio alla coscia sinistra, è volato sul 5-1 prima di incepparsi al momento di vincere il set. Ramos ha approfittato del momento no dell'avversario segnando un parziale di 6 giochi a 0 e chiudendo l'incontro 6-3 7-5 in un'ora e 39 minuti. “Conosco Riba fin da quando eravamo junior - ha commentato il vincitore a fine match -, abbiamo giocato tante volte insieme. Sapevo della difficoltà del partita e quando lui ha avuto un problema e ha cominciato a cambiare gioco e spezzare il ritmo mi sono ritrovato sotto 1-5. Per fortuna sono riuscito a recuperare e giocare bene nel momento decisivo. La settimana - ha aggiunto Ramos - è stata dura fin dal primo turno con Thompson, ma sono davvero contento di aver vinto qui dopo il 2011; a Milano mi trovo bene e spero un passo alla volta di rientrare tra i top 100 prima e poi di crescere ancora”. A Milano è stata la quarta vittoria spagnola dopo quelle di Ventura nel 2007, dello stesso Ramos nel 2011 e di Tommy Robredo nel 2012.
Soddisfazione evidente sul volto e nelle parole di Massimo Lacarbonara, direttore del torneo: “Sono molto contento di come è andata la settimana, con il vincitore che dà sicuramente prestigio all'albo d'oro. Per me è stata la prima esperienza da direttore ed è andata davvero bene sotto ogni punto di vista. Per la decima edizione cercheremo di fare ancora meglio, insieme al supporto di Makers”. Entusiasta anche Andrea Casasco, direttore sanitario di CDI - Centro Diagnostico Italiano - main sponsor della manifestazione: “Lo sport per noi è prevenzione e salute, il tennis è bellissimo e racchiude l'essenza del nostro impegno. Per noi è grande piacere collaborare con Harbour Club per la realizzazione dell'evento”. Gli fa eco Carlo Alagna, direttore organizzativo: “In questa settimana - ha commentato - abbiamo assistito a numerosi incontri di qualità e abbiamo ammirato sia campioni affermati sia giovani di grande talento. Inoltre c'è stata una grande risposta da parte del pubblico, con il tutto esaurito per la semifinale con in campo l'italiano Cecchinato e per la finale spagnola. Siamo davvero soddisfatti - ha proseguito -, ringraziamo tutti gli sponsor che hanno permesso lo svolgimento dell’evento, auspicando per la decima edizione del prossimo anno, concomitante con l'Expo, il supporto da parte delle istituzioni”.
A Palazzo Cusani, dal 2012 sede del Comando Militare Esercito Lombardia, abbiamo incontrato Gian Luca Rossi, noto giornalista sportivo di Telelombardia, emittente per cui lavora dal 1988, e, dal 15 novembre 2013, Maggiore della Riserva Selezionata dell’Esercito Italiano. La Riserva Selezionata è una speciale categoria di Ufficiali del mondo civile in possesso di professionalità di particolare interesse per la Forza Armata ”non compiutamente disponibili nell’ambito delle stesse”, come medici, avvocati, ingegneri, architetti e giornalisti. La chiacchierata con Gian Luca avviene nell’Ufficio Reclutamento e Comunicazione, Sezione Pubblica Informazione e Promozione Reclutamenti, alla presenza del disponibilissimo Capo Sezione Tenente Colonnello Carmelo Tribunale. Rossi ci racconta com’è nata l’idea di entrare a far parte della Riserva Selezionata: «nel 1993 ho terminato l’anno della leva militare obbligatoria mentre già lavoravo per Telelombardia, restava però forte in me un grande interesse per la storia militare: avevo il pallino per la divisa, per i libri e i film di guerra, e avevo anche una grandissima stima per l’istituzione Esercito che tutt’ora è rimasta intatta. Ritengo infatti l’Esercito Italiano un’istituzione realmente valida, e non lo ritengo un caso che quando ci sono dei problemi venga sempre chiamato per aiutare». La “svolta” avviene incontrando in trasmissione il Colonnello Giuseppe Affini (ex Capo Ufficio Reclutamento e Comunicazione) che accenna a Rossi dell’esistenza della Riserva Militare che permette all’Esercito, appellandosi alla Legge Marconi del 16 maggio 1932 n. 819, di selezionare un bacino di professionisti della società civile. «Ritengo che una componente del genere delle forze di completamento debba essere maggiormente conosciuta e sviluppata, visto che quasi nessuno ne è a conoscenza». L’iter per entrarci prevede gli esami di idoneità fisica, l’assegnazione del grado, fatta in base agli anni di esperienza professionale maturata (Maggiore per Gian Luca), e 5 settimane di corso alla Scuola di Applicazione di Torino, che Rossi ha iniziato il 1 ottobre 2013, conclusi dal giuramento finale. In seguito Gian Luca è stato stanziato presso l’Ufficio Pubblica Informazione di Milano dove «ho messo a disposizione quello che ho imparato in televisione, imparando anche io moltissimo. Qui infatti ho trovato grandi professionalità lavorative e piena disponibilità da parte di coloro che lavorano con me. Principalmente mi occupo di scrivere comunicati stampa, montare clip e aiuto nella organizzazione di eventi: metto tutto ciò che ho imparato nell’ambiente giornalistico a disposizione di un’istituzione che, secondo un recente sondaggio, viene vista in chiave positiva dal 47% degli italiani».
Successivamente incontriamo Gian Luca, non più in vesti militari, e proseguiamo la nostra conversazione con argomenti più sportivi, chiedendogli anzitutto un suo parere sulle potenzialità dello sport lombardo e milanese, soprattutto in vista di EXPO 2015. Rossi si dimostra molto positivo sull’Esposizione Universale che ritiene essere «un evento dalle potenzialità immense», e ci racconta un aneddoto che lo vide protagonista, a conferma del fatto che: «noi italiani arriviamo sempre in ritardo, ma poi riusciamo a far trovare tutto perfettamente pronto»; nel 1990 faceva parte del comitato organizzazione dei Mondiali in Italia, come responsabile della tribuna stampa radio e tv esteri a San Siro: «ricordo che a 10 minuti dall’inizio della gara inaugurale dell’8 giugno, Argentina Camerun 0-1, i miei colleghi della logistica erano preoccupatissimi perché stavano ancora avvitando le docce negli spogliatoi. Alla fine fu un grande successo. Noi italiani come per magia riusciamo sempre a recuperare tutto il tempo perduto, e credo che anche con EXPO possa essere così; ritengo che lo sport possa essere importante perché quello sportivo è uno di quei linguaggi con cui si trasmettono molte cose, perché lo sport interessa a tutti. Qui in Italia purtroppo non siamo multiculturali perché ci interessa solo il calcio, ma credo che certe strutture, messe a disposizione per EXPO, possano essere riutilizzate a livello sportivo per un progetto di città olimpica, creando in tal modo anche nuovi posti di lavoro». Per quello che riguarda il “governo” dello sport Rossi apprezza molto il fatto che sia sempre più orientata verso la gestione fatta da ex-sportivi come Demetrio Albertini, Antonio Rossi, Pier Luigi Marzorati o Michel Platini perché «è gente più in grado di capire situazioni legate al mondo dello sport, in quanto molte situazioni le hanno direttamente vissute. Le potenzialità del panorama sportivo sono enormi, basterebbe solo non perdere ulteriore tempo e provare nuovi progetti come l’Università dello Sport, sul modello del Campus americano».
Prima di salutare Gian Luca gli chiediamo un pensiero sui Mondiali brasiliani in corso di svolgimento e sulla situazione delle due società milanesi, ci dice: «non credo che l’Italia possa andare in finale, anche se sono convinto che il Mondiale lo vincerà una grande storica, non sorprese come Colombia o Belgio. Vedo favorita l’Argentina in una finale con la Germania. Non credo al Brasile perché vivono troppo male l’attesa casalinga, ci vorrebbe un mix tra la tecnica e il cuore dei latini e la capacità di gestione mentale e di freddezza dei tedeschi. Credo che gli argentini siano quelli che coniughino meglio queste due componenti perché hanno la capacità di essere scientifici al punto giusto nell’approccio ai match». Interessante poi quello che Rossi ci dice sulla gestione dei giovani: «Thomas Mueller della Germania è il mio giocatore ideale per il percorso che ha fatto. In Inghilterra, Spagna e Germania le seconde squadre dei top team possono fare il campionato di serie B ma senza salire in serie A. Io la ritengo un’esperienza molto più utile rispetto alla Primavera italiana, perché consente a livello giovanile di formare dei calciatori che poi sono già pronti a livello di competitività per il calcio “maggiore”. Io credo che occorra che i settori giovanili dei vari sport si aprano di più alla competizione ad alto livello, senza badare eccessivamente a clamorose sconfitte. Mueller, che si è fatto due anni di Bayern B, è molto più pronto rispetto a Bardi e Duncan che pure hanno avuto una brillante carriera nella Primavera dell’Inter». Chiusa sul cambio dirigenziale milanese: «vedo un futuro in cui dobbiamo armarci di pazienza perché ritengo che per 4/5 anni il calcio milanese sia costretto a ricominciare dal basso, il che potrebbe anche fare bene perché non c’è un piano alternativo: o si fa così o si fa così».
Rispettando il pronostico della vigilia, la compagine di Foggia, guidata dal campione del mondo Michele Borghetti, ha vinto lo scudetto a squadre della Dama, lo ‘sport della mente’ per eccellenza.
I foggiani (con Borghetti giocavano Emanuele D’Amore e Alessandro Solazzo) si sono imposti nettamente con quattro incontri vinti e uno pareggiato e con due punti di vantaggio sulle seconde classificate.
Secondo posto un po’ a sorpresa per la squadra di Fossano (Cuneo) con Loris Milanese, Abou Fiop e Alessandro Marinelli, che grazie al miglior punteggio individuale ha vinto la medaglia d’argento ai danni di Savona, che schierava ancora una volta il veterano Daniele Bertè, Francesco Militello e il giovane Roberto Tovagliaro.
Solo quarta la compagine locale con Eusebio Cabral, Alessandro Milani e Ciro Fierro.
Il campionato si è svolto nei saloni del Winter Garden Hotel di Grassobbio ed è stato disputato nella particolare e spettacolare specialità della “Dama internazionale” che si gioca su damiera di 100 caselle (10x10, e non sulla classica damiera di 64 case, 8x8). Le regole sono peculiari: l’apertura è libera, la pedina cattura anche all’indietro e può catturare il damone. Ufficialmente venne ideata ai tempi di Luigi XIV e fu diffusa poi in Europa e Africa dagli eserciti di Napoleone (che la giocava) durante le varie campagne militari. Inizialmente conosciuta come ‘dama polacca’ dalla nazionalità del suo “inventore”, un ufficiale dell’esercito.
Ricordiamo che la Federazione Italiana Dama (FID) è disciplina sportiva CONI: il gioco della Dama è oggi considerato a tutti gli effetti sport e la Federazione dipende direttamente dal CONI, rispettandone tutte le regole.