Sacripanti, Aradori e Abass sulla strada dell'Armani Jeans Milano
Se la Cimberio Varese rimpiange gli “invincibili” dello scorso anno, cacciando via l’allenatore milanese Fabrizio Frates per smuovere un gruppo eccessivamente impaurito, e la Vanoli Cremona, guidata in panchina dal coriaceo Pancotto e in campo dalla classe cristallina di Rich e Woodside, lotta per la permanenza nella massima serie, quest’anno più che mai le altre due squadre lombarde sono pronte a darsi battaglia per lo scudetto.
A un Emporio Armani Milano che mai come nella stagione in corso, soprattutto nell’ultimo periodo, sembra aver finalmente trovato una quadratura di squadra, riuscendo a gestire in maniera egregia il doppio impegno settimanale, sta rispondendo sui parquet nostrani l’Acqua Vitasnella Cantù che, nonostante la cocente delusione dell’Eurocup, sta tenendo testa in campionato ad un roster come quello meneghino che sulla carta non avrebbe rivali sul suolo italico.
Grande merito del lavoro svolto in casa brianzola va al tecnico biancoblù Stefano Pino Sacripanti che, dopo aver già guidato in modo eccellente la Cantù degli americani dal 2000 al 2007, si è rimesso in gioco a casa sua, ereditando la squadra da un altro grande allenatore lombardo come Andrea Trinchieri, volato a Kazan. Con Trinchieri Pino condivideva il fatto di essere stato l’ultimo coach canturino a portare un trofeo a Cucciago (la Supercoppa Italiana conquistata contro la Benetton Treviso di Edney, Evans, Pittis e Garbajosa nel 2003) per cui il senso di responsabilità, e la piccola sfida con l’ex collega erano enormi. Sacripanti si è dimostrato fin da subito cosciente dell’ottima squadra che gli era stata preparata dalla società e, forte della sua esperienza in Brianza, ha immediatamente ottenuto degli ottimi risultati. Rispetto al gruppo che aveva allenato in precedenza la Cantù odierna ha una spina dorsale italiana, potendo contare sull’apporto decisivo di uomini del calibro di Cusin, Rullo, Marconato e Stefano Gentile. La leadership in campo è ricoperta da quello che a oggi è probabilmente il miglior giocatore italiano del nostro campionato: Pietro Aradori. Cresciuto con l’etichetta del fenomeno, l’atleta bresciano classe 1988, sta dimostrando che una piazza che respira basket 24 ore su 24 come Cantù è l’ideale per lui. I suoi numeri sia in fase realizzativa che di assistenza ai compagni sono aumentati, e soprattutto è cambiata la sua duttilità in campo, segno di una maturità mentale che non si era concretizzata né a Siena né a Milano. Pietro sa di essere il giocatore franchigia, per usare un termine americano, di Cantù e che questo vuol dire sapere entrare nelle partite prima con la testa che con il fisico. Insieme al capitano canturino d’adozione Maarten Leunen, Aradori è uno dei veterani di questa Cantù, anche se gioca al Pianella da solo due stagioni, e lo dimostra prima di tutto in allenamento. La supervisione di Sacripanti ha permesso ad Aradori di migliorare nel gioco di squadra, ottenendo il massimo da tutti i compagni, tra i quali spicca Abass Awudu Abass. Il giovanissimo giocatore, nato a Como ma di genitori originari dell’Africa, dopo aver vinto in estate l’Europeo under 20 sotto la guida di Sacripanti e dopo essere stato votato tra i migliori 5 giovani del continente, sta trovando molti minuti a Cantù, dove ha come primo scopo quello di affinare le sue doti di tiratore dall’arco e di atleta impressionante (soprattutto nella capacità di attaccare il canestro). Compito di Aradori e di Sacripanti sarà quello di farlo crescere pian piano, fondamentale dopo fondamentale. L’obiettivo dichiarato è quello di dar fastidio a Milano in quella che altrimenti sarebbe una marcia diretta verso il tricolore meneghino fin troppo annunciato.