Intervista a Gian Luca Rossi, Maggiore della Riserva Selezionata dell'Esercito

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A Palazzo Cusani, dal 2012 sede del Comando Militare Esercito Lombardia, abbiamo incontrato Gian Luca Rossi, noto giornalista sportivo di Telelombardia, emittente per cui lavora dal 1988, e, dal 15 novembre 2013, Maggiore della Riserva Selezionata dell’Esercito Italiano. La Riserva Selezionata è una speciale categoria di Ufficiali del mondo civile in possesso di professionalità di particolare interesse per la Forza Armata ”non compiutamente disponibili nell’ambito delle stesse”, come medici, avvocati, ingegneri, architetti e giornalisti. La chiacchierata con Gian Luca avviene nell’Ufficio Reclutamento e Comunicazione, Sezione Pubblica Informazione e Promozione Reclutamenti, alla presenza del disponibilissimo Capo Sezione Tenente Colonnello Carmelo Tribunale. Rossi ci racconta com’è nata l’idea di entrare a far parte della Riserva Selezionata: «nel 1993 ho terminato l’anno della leva militare obbligatoria mentre già lavoravo per Telelombardia, restava però forte in me un grande interesse per la storia militare: avevo il pallino per la divisa, per i libri e i film di guerra, e avevo anche una grandissima stima per l’istituzione Esercito che tutt’ora è rimasta intatta. Ritengo infatti l’Esercito Italiano un’istituzione realmente valida, e non lo ritengo un caso che quando ci sono dei problemi venga sempre chiamato per aiutare». La “svolta” avviene incontrando in trasmissione il Colonnello Giuseppe Affini (ex Capo Ufficio Reclutamento e Comunicazione) che accenna a Rossi dell’esistenza della Riserva Militare che permette all’Esercito, appellandosi alla Legge Marconi del 16 maggio 1932 n. 819, di selezionare un bacino di professionisti della società civile. «Ritengo che una componente del genere delle forze di completamento debba essere maggiormente conosciuta e sviluppata, visto che quasi nessuno ne è a conoscenza». L’iter per entrarci prevede gli esami di idoneità fisica, l’assegnazione del grado, fatta in base agli anni di esperienza professionale maturata (Maggiore per Gian Luca), e 5 settimane di corso alla Scuola di Applicazione di Torino, che Rossi ha iniziato il 1 ottobre 2013, conclusi dal giuramento finale. In seguito Gian Luca è stato stanziato presso l’Ufficio Pubblica Informazione di Milano dove «ho messo a disposizione quello che ho imparato in televisione, imparando anche io moltissimo. Qui infatti ho trovato grandi professionalità lavorative e piena disponibilità da parte di coloro che lavorano con me. Principalmente mi occupo di scrivere comunicati stampa, montare clip e aiuto nella organizzazione di eventi: metto tutto ciò che ho imparato nell’ambiente giornalistico a disposizione di un’istituzione che, secondo un recente sondaggio, viene vista in chiave positiva dal 47% degli italiani».

Successivamente incontriamo Gian Luca, non più in vesti militari, e proseguiamo la nostra conversazione con argomenti più sportivi, chiedendogli anzitutto un suo parere sulle potenzialità dello sport lombardo e milanese, soprattutto in vista di EXPO 2015. Rossi si dimostra molto positivo sull’Esposizione Universale che ritiene essere «un evento dalle potenzialità immense», e ci racconta un aneddoto che lo vide protagonista, a conferma del fatto che: «noi italiani arriviamo sempre in ritardo, ma poi riusciamo a far trovare tutto perfettamente pronto»; nel 1990 faceva parte del comitato organizzazione dei Mondiali in Italia, come responsabile della tribuna stampa radio e tv esteri a San Siro: «ricordo che a 10 minuti dall’inizio della gara inaugurale dell’8 giugno, Argentina Camerun 0-1, i miei colleghi della logistica erano preoccupatissimi perché stavano ancora avvitando le docce negli spogliatoi. Alla fine fu un grande successo. Noi italiani come per magia riusciamo sempre a recuperare tutto il tempo perduto, e credo che anche con EXPO possa essere così; ritengo che lo sport possa essere importante perché quello sportivo è uno di quei linguaggi con cui si trasmettono molte cose, perché lo sport interessa a tutti. Qui in Italia purtroppo non siamo multiculturali perché ci interessa solo il calcio, ma credo che certe strutture, messe a disposizione per EXPO, possano essere riutilizzate a livello sportivo per un progetto di città olimpica, creando in tal modo anche nuovi posti di lavoro». Per quello che riguarda il “governo” dello sport Rossi apprezza molto il fatto che sia sempre più orientata verso la gestione fatta da ex-sportivi come Demetrio Albertini, Antonio Rossi, Pier Luigi Marzorati o Michel Platini perché «è gente più in grado di capire situazioni legate al mondo dello sport, in quanto molte situazioni le hanno direttamente vissute. Le potenzialità del panorama sportivo sono enormi, basterebbe solo non perdere ulteriore tempo e provare nuovi progetti come l’Università dello Sport, sul modello del Campus americano».

Prima di salutare Gian Luca gli chiediamo un pensiero sui Mondiali brasiliani in corso di svolgimento e sulla situazione delle due società milanesi, ci dice: «non credo che l’Italia possa andare in finale, anche se sono convinto che il Mondiale lo vincerà una grande storica, non sorprese come Colombia o Belgio. Vedo favorita l’Argentina in una finale con la Germania. Non credo al Brasile perché vivono troppo male l’attesa casalinga, ci vorrebbe un mix tra la tecnica e il cuore dei latini e la capacità di gestione mentale e di freddezza dei tedeschi. Credo che gli argentini siano quelli che coniughino meglio queste due componenti perché hanno la capacità di essere scientifici al punto giusto nell’approccio ai match». Interessante poi quello che Rossi ci dice sulla gestione dei giovani: «Thomas Mueller della Germania è il mio giocatore ideale per il percorso che ha fatto. In Inghilterra, Spagna e Germania le seconde squadre dei top team possono fare il campionato di serie B ma senza salire in serie A. Io la ritengo un’esperienza molto più utile rispetto alla Primavera italiana, perché consente a livello giovanile di formare dei calciatori che poi sono già pronti a livello di competitività per il calcio “maggiore”. Io credo che occorra che i settori giovanili dei vari sport si aprano di più alla competizione ad alto livello, senza badare eccessivamente a clamorose sconfitte. Mueller, che si è fatto due anni di Bayern B, è molto più pronto rispetto a Bardi e Duncan che pure hanno avuto una brillante carriera nella Primavera dell’Inter». Chiusa sul cambio dirigenziale milanese: «vedo un futuro in cui dobbiamo armarci di pazienza perché ritengo che per 4/5 anni il calcio milanese sia costretto a ricominciare dal basso, il che potrebbe anche fare bene perché non c’è un piano alternativo: o si fa così o si fa così».